Una delle fonti scritte più antiche della vita di san Bruno è un frammento biografico che risale al 1130, scritto da Guigo I di Saint-Romain, quinto priore della Grande-Chartreuse:
Maestro Bruno, di origine germanica, nacque da genitori notabili della famosa città di colonia. Era molto abile nello scrivere di letteratura sia secolare che religiosa. Era canonico della chiesa di Reims, che certamente non era la meno importante fra le chiese in Gallia, e anche professore. Una volta abbandonato il mondo, fondò l’eremo della Certosa, che governò per sei anni. Su richiesta di Papa Urbano II, del quale in passato era stato il maestro, si mise a servizio della curia romana per assistere il Papa nel governo della Chiesa con l’aiuto e i consigli. Poiché non poté sopportare la vita tumultuosa e lo stile di vita della curia, e poiché ardeva di amore per la solitudine e la tranquillità proveniente dalla contemplazione che aveva lasciato, abbandonò la curia. Rifiutò anche di diventare arcivescovo di Reggio, pur essendo eletto come tale per sollecitazione del Papa. Si ritirò in un luogo deserto della Calabria, chiamato La Torre. Insieme con alcuni laici e chierici visse lì, finché poté, la sua vocazione per la vita solitaria. Vi morì e vi fu sepolto, circa 11 anni dopo la sua partenza dalla Certosa.
Bruno nacque a Colonia intorno all’anno 1030 e fu canonico della collegiata di San Cuniberto. Proseguì i suoi studi alla scuola del Duomo di Reims, in Francia, dove, in seguito, divenne professore e caposcuola. Tra i suoi discepoli vi era colui che divenne prima monaco benedettino a Cluny e, successivamente, papa Urbano II.
A Reims, Bruno ebbe dei contrasti con l’arcivescovo Manasse, un prelato corrotto e dal comportamento indegno. Questi, nel tentativo di conquistare la sua stima, lo nominò cancelliere dell’arcivescovado nel 1075. Ma, nel 1080, dopo ulteriori contrasti e dissidi, Manasse fu deposto. Bruno, che sarebbe dovuto essere il suo successore, non accettò l’incarico e rinunciò a tutti i suoi averi distribuendoli ai poveri. A seguito di questi eventi, si sviluppa l’idea del distacco dal mondo, e del conseguente isolamento.
Bruno si recò nell’abbazia di Molesme da san Roberto (che sarà in seguito il fondatore dei cistercensi) e trovò un romitaggio nei pressi del monastero in località Seche Fontaine, ma quel luogo non soddisfò le sue esigenze. Fu così che, continuando la ricerca di un luogo idoneo per realizzare i suoi intenti, con sei compagni di viaggio si recò da Ugo, vescovo di Grenoble, che li condusse nel luogo desiderato, conosciuto poi come la Grande Certosa. La consacrazione della Chiesa dedicata alla Madonna e al Battista avvenne il 2 settembre 1085. Qui la vita monastica fu condotta con austerità e gran fervore.
Dopo sei anni Bruno fu chiamato a Roma dal suo allievo papa Urbano II che volle con sé il suo vecchio maestro come consulente. Prima di raggiungere il Papa, Bruno affidò la sua comunità monastica al suo amico Landuino che lo sostituì egregiamente. Alla Corte Pontificia Bruno ebbe grande nostalgia per il suo deserto silenzioso, ed approfittando del fatto che il Papa dovette fuggire da Roma perché l’imperatore tedesco Enrico IV e Clemente III l’antipapa invasero i territori pontifici, si trasferì con la corte papale nell’Italia meridionale.
Su proposta di Urbano II il fondatore dei certosini fu eletto arcivescovo di Reggio Calabria, ma egli rifiutò, chiedendo – ed ottenendo – il permesso per poter ritrovare un luogo ove poter continuare la sua vocazione monastica nel silenzio e nella solitudine. Ritirandosi in solitudine Bruno incontrò il generoso conte Ruggero d’Altavilla che gli offrì un territorio nella località Torre a 850 metri di altitudine nel cuore di un bosco della Calabria.
Qui il patrono certosino, nel 1090, fondò l’eremo di Santa Maria ed, a breve distanza, l’insediamento per i fratelli conversi, il monastero di Santo Stefano. In questi luoghi, Bruno trovò, negli ultimi dieci anni della sua vita, le condizioni ideali per riprendere la vita che aveva condotto in Francia, fatta di silenzio, meditazione, preghiera e solitudine.
La vita terrena di san Bruno si concluse domenica 6 ottobre 1101, circondato dall’amore dei confratelli, che lo seppellirono nella grotta dove spesso si recava per pregare.