Nei giorni 24, 25 e 26 giugno, mons. Filippo Curatola ci ha aiutato a contemplare con sapienza e a guardare al sacerdote come figlio, fratello e padre. Figlio amato dal Padre e che ama i fratelli come un padre, fratello che ci guida nel cammino verso la Patria celeste e spezza il Pane che è Gesù, padre che accoglie con amore e attende con pazienza ogni figlio per ricondurlo a Dio Padre. Pubblichiamo di seguito una nostra sintesi, non rivista dall’autore, delle omelie di don Pippo.
Il sacerdote è figlio
24 giugno 2014 – Carissimi fratelli e sorelle, mi trovo qui stasera come voi sapete per desiderio di don Mario Manca e di don Angelo Casile, fratelli miei carissimi nel sacerdozio. Con d. Angelo in particolare ho condiviso anni di vita insieme nell’educare i giovani che sarebbero diventati sacerdoti.
Vogliamo riflettere sulla grandezza del sacerdozio. Ogni sacerdote ci aiuta a incontrare Gesù. E stasera il Vangelo ci parla dell’incontro tra santa Elisabetta e la Vergine Maria, che diviene l’incontro tra san Giovanni il Battista e il Signore Gesù. Giovanni esultò nel grembo di Elisabetta perché ha riconosciuto nella voce di Maria, la voce del suo Signore appena formato nel grembo della Madre.
Giovanni è il precursore del Signore, il ponte tra l’Antico e il Nuovo Testamento ed ha preparato il mondo all’incontro con il Signore dicendo la verità. Giovanni dice la verità ad Erode: “non puoi tenere la moglie di tuo fratello” e questo fu l’inizio della fine. È un’immagine bellissima di quello che deve essere il sacerdote oggi. Gesù disse che Giovanni tra i nati di donna è il più grande eppure il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di Giovanni. E il sacerdote è qualcosa di grande perché mentre Giovanni ha preparato la strada al Signore, il sacerdote celebrando l’Eucaristia rende presente Gesù nel mondo.
Il sacerdote, giustamente, è chiamato alter Christus. Chi è l’alter Christus che per 57 anni ha annunciato il Vangelo e servito con la sua vita e la sua preghiera la parrocchia? Don Mario, alter Christus! Chi sarà d. Angelo – voi tra l’altro già lo conoscete – dopo domani l’altro quando ufficialmente farà l’ingresso per diventare il parroco di questa parrocchia? Alter Christus! Non c’è cosa più grande di questa, rendere presente Gesù nell’Eucaristia. Il sacerdote è grande perché nella sua umile condizione umana rende presente Dio! Rende presente quel Dio di cui è fondamentalmente figlio.
Il sacerdote è figlio, è fratello, è padre. Stasera ci soffermiamo sul sacerdote come figlio. Permettetemi un ricordo personale, quando da giovane prete andai a celebrare la mia prima nel paesino dove ero nato – avevo 23 anni –, mentre camminavo verso la chiesa, una vecchietta si avvicinò e mi chiamò: “Padre!”. Era la prima volta che mi chiamavano padre. Padre non si nasce, si diventa. Si diventa se sei figlio. Certo che il sacerdote è padre, ma è padre se anzitutto è figlio nel Figlio, in Gesù. Se come Gesù offre sé stesso al Padre e se come Gesù rivela nella preghiera quell’intima relazione con il Padre.
Il sacerdote è diventato figlio nel giorno della sua ordinazione sacerdotale quando si è prostrato sul pavimento per dire il suo essere nulla davanti alla totalità e immensità del dono che riceveva dal Padre. Il candidato si distende a terra, riceve la preghiera consacratoria e si alza alter Christus per servire Dio e i fratelli.
Gesù ha fatto tante cose nella sua vita: ha parlato, ha guarito gli ammalati, ha fatto miracoli, ma poi si ritirava, si raccoglieva in preghiera con il Padre. Nella preghiera era una cosa sola con il Padre, che chiamava: Abbà, Papà. Tra Gesù e il Padre c’era un rapporto unico. Il sacerdote è chiamato a vivere questo rapporto di figlio con il Padre nella preghiera e più vive questo rapporto con il Padre e più la sua vita è ricolma di gioia e più si rafforza il suo legame con la Chiesa. Il sacerdote vive la gioia della preghiera come figlio della Chiesa e più ama il Padre e più ama la Chiesa.
Noi tutti iniziamo ad essere figli del Padre ricevendo il Battesimo nella Chiesa. La Chiesa è nostra Madre e noi siamo suoi figli per questo dobbiamo sempre amare la Chiesa, nonostante le infedeltà che ciascuno di noi porta in essa. Don Angelo quando finì il suo prestigioso servizio presso la Conferenza Episcopale Italiana mi disse: “Rientro a Reggio Calabria per servire la mia Diocesi, la mia Madre!”. La Chiesa è figlia di sua figlia, la Vergine Maria che con il suo sì ha reso presente il Figlio di Dio, Gesù, nel mondo.
Quando il sacerdote celebra l’Eucaristia, celebra il sacrificio di Cristo e tutti noi siamo riportati sotto la Croce e lì c’è Maria Santissima, la Vergine Madre, che stava sotto la Croce e continua a stare acconto al suo Figlio e a ciascuno di noi. La più grande azione della Chiesa è la celebrazione dell’Eucaristia, resa possibile da un sacerdote che dice. “Questo è il mio Corpo… Questo è il mio Sangue…”. E Gesù si rende presente, per noi, ogni giorno e sempre!
Il sacerdote è fratello
25 giugno 2014 – Il brano odierno del Vangelo (Mt 7,15-20) ci aiuta a contemplare una profonda realtà. Ogni albero buono produce frutti buoni. Qual è il frutto buono di ogni sacerdote? La fraternità è il frutto buono che ogni prete può donare a ciascuno di voi e che voi dovete regalarvi vicendevolmente.
Fraternità significa che si è figli insieme ad altri. Il sacerdote è anzitutto fratello di ogni altro prete, ma su ciò non mi soffermo, visto che mi rivolgo a dei fedeli laici; è fratello di ogni altro cristiano, e su questo mi soffermo un po’; è fratello di ogni altro uomo, e mi soffermo più a lungo.
Il sacerdote è fratello di ogni altro cristiano significa che si è fratelli anche di chi non ha la pienezza della fede cattolica. Ma con gli altri cristiani abbiamo la stessa origine, che ci viene dal Battesimo, e la stessa fede, in Dio Padre e Figlio e Spirito Santo e questo ci lega. Per questo occorre pregare con i fratelli cristiani.
Il sacerdote è fratello di ogni altro uomo per comune origine, per comune cammino e per comune sofferenza.
– Per comune origine. Non ritengo lontano da me ciò che è umano, per questo il sacerdote cerca l’uomo la persona lontana, allontanata.
– Per comune cammino. Siamo pellegrini, in cammino verso la patria celeste. Il termine paroicos (forestieri) ci ricorda: sono qui, ma non è qui la mia patria. Il prete è fratello che segue l’invito di Gesù: Andate senza borse, senza bisacce, senza sicurezze materiali, forti della mia fede.
– Per comune sofferenza che unisce. Il dolore di Gesù mi è stato donato, così anch’io offro le mie sofferenze per gli altri, ne faccio dono. E così nasce la fraternità, fratelli e sorelle che offrono se stessi a Dio.
Come sarebbe bello se una parrocchia vivesse la fraternità. Domandiamoci: Vivo per me per dominare o vivo per gli altri per servirli nel nome del Signore. Quando vivo per il Signore, vivo per gli altri. La parrocchia vive la fraternità quando non si sperimenta una Babele, ma si sperimenta una città di Dio.
Il mio augurio, che diventa preghiera, è che ciascuno di noi possa vivere nel cuore di Dio, per poter vivere nel cuore della parrocchia.
Il sacerdote è padre
26 giugno 2014 – Stasera celebriamo la vigilia della Festa del Sacro Cuore di Gesù. Domani celebreremo assieme al nostro vescovo, che verrà per presentarvi d. Angelo, il parroco che succede a don Mario.
Ex corde scisso ecclesia: dal cuore trafitto nasce la Chiesa. La Chiesa, sposa di Cristo, nasce dal cuore trafitto di Gesù. Il Cuore che dice una sola parola: Dio ci ha tanto amati da dare il suo Figlio per noi.
Stasera, compiamo questo triduo di preparazione all’ingresso del nuovo parroco, insieme abbiamo contemplato il prete, che nel cuore della Chiesa, è figlio, è fratello, è padre. Riflettiamo su: come si diventa padre; come e quali sono i figli e quali sono i doni che il prete offre ai suoi figli.
1. Come si diventa padre? Non si nasce padre, ma si diventa, sia in natura e sia nello spirito. Gesù ci dice: Siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro. Si diventa padre lungo il cammino difficile inserendo la propria vita nel cammino di Dio.
Una persona può essere sterile di natura. Anche il prete può essere sterile nello spirito, ma ciò è grave. È sterile quando non è più in grado di rivelare il volto del Padre. Un atto di amore rende la persona padre, così similmente la preghiera vera e profonda a Dio Padre rende il prete padre. Non ci sono altre vie se non questa.
La preghiera vera è quella che sgorga dal nostro cuore e si dirige verso il cuore di Gesù. È stare cuore a cuore con Dio: morire a sé stessi, al proprio egoismo, per vivere una fecondità nuova nel Signore. In questa fecondità preghi per gli altri, quando nessuno ti vede.
2. Come e quali sono i figli? I figli sono anzitutto accolti. Domani, don Angelo vi accoglie come suoi figli e voi lo accogliete come pastore. I figli poi sono generati nella preghiera, così si diventa figli desiderati, accompagnati, custoditi, attesi… soprattutto nel sacramento del perdono.
Il sacramento del perdono ci rigenera, ci rinnova, ci illumina con la luce che viene dalla parola di Dio. Il sentirsi figli attesi muove i passi del nostro cuore e ci fa camminare con gioia incontro al Signore, Padre sempre pronto ad accoglierci, ad abbracciarci, a perdonarci, a rinnovarci…
3. Quali sono i doni che il prete offre ai suoi figli? La verità, la libertà, la misericordia, l’attesa.
La verità è il dono più grande che un prete può darvi. La verità per il cristiano è una Persona, è Cristo, per questo non possiamo possedere la verità, ma è essa che ci possiede, è Cristo che ci possiede. Se siamo suoi, apparteniamo a lui diventiamo tutt’uno con Gesù, con il suo Vangelo, e quindi sono capace di donare la verità.
La libertà. Il prete non si sostituisce a Dio e alla coscienza propria dei fedeli. Egli prega Dio perché ti dia la libertà di scegliere. Risuonano come monito le parole del Vangelo: “Volete andarvene anche voi?”. La libertà è dono che custodisce le persone, non si appropria di esse.
La misericordia è dare il proprio cuore ai miseri. Il prete offre il perdono di Dio a tutti, se pentiti. Gesù non grida a Levi, a Zaccheo o ai tanti peccatori del suo tempo. Gesù ti ama, ti converte, ti salva. Per tutti, Gesù è l’Agnello di Dio: “Ecco l’Agnello di Dio che tollit (porta su di sé) il peccato del mondo”. San Gaetano Catanoso nell’andare a trovare un uomo determinato a uccidere un rivale lo ammonì severamente: “Non hai un cuore? Non pensi ai tuoi figli?”… e l’uomo desistette dal criminale proposito. È l’amore che ci converte, non altro.
L’attesa. Il prete attende tutti e aiuta ciascuno a essere sé stesso, a cambiare vita. Come il Padre misericordioso attende il ritorno dei suoi figli, ma va anche a trovarli nelle loro case. Così le case dei fedeli diventano la sua casa e la sua casa, la casa di Dio diviene la casa dei suoi fedeli, la casa di tutti. Il prete attende camminando, cammina amando e ama attendendo, tutti, per portarli al Signore.