Domenica 6 ottobre 1101, il Dies natalis, «Bruno lasciava le ombre fuggitive del secolo […] testimone del fremito culturale e religioso che scuoteva a quell’epoca l’Europa nascente, artefice nella riforma che la Chiesa desiderava realizzare di fronte alle difficoltà interne che incontrava […]». Lui che per il forte desiderio di entrare in comunione con Dio, aveva abbandonato le realtà fuggevoli per cercare di afferrare l’eterno, captus ab Uno (“catturato” dall’uno”), non lasciava dubbi ai confratelli dell’eremo di Santa Maria della torre in Calabria.
Del suo itinerario verso l’eterno, una mirabile testimonianza è rappresentata dal “Rotolo dei morti”. Quando i suoi confratelli ne annunciano la morte alla sede apostolica con una lettera circolare, detta Epistola Encyclica, incaricarono un rolligero di diffonderla in tutta Europa:
«Anzitutto, noi umili eremiti del monastero calabrese di Santa Maria,
madre di Dio, il cui fondatore e superiore è stato,
finché è vissuto nella carne, il padre Bruno,
veneriamo e salutiamo con la dovuta sottomissione
colui che crediamo primate e capo nella Chiesa […]
e annunciamo la morte del nostro Santo padre Bruno, avvenuta il 6 di ottobre,
affinché questi sia aiutato presso Dio dai loro meriti e dalle loro preghiere.
[…] Supplichiamo […] che alle comunità e alle persone religiose,
di qualunque luogo, che fanno memoria di lui
non dispiaccia di scrivere espressamente il loro nome
in calce a questa lettera.
In particolare, però, siano scritti coloro che volessero impegnarsi per iscritto
a celebrare annualmente la sua memoria,
affinché, pur secondo il poco di cui siamo capaci,
contraccambiamo a ciascuno come si conviene».
In calce alla lettera erano scritte le ultime parole che Bruno aveva rivolto alla sua comunità, come testimonianza di fede e lascito spirituale:
«Credo anche ai sacramenti, ai quali la santa Chiesa crede e che essa venera;
e, in particolare, che il pane e il vino che vengono consacrati sull’altare sono,
dopo la consacrazione, il vero corpo del signore nostro Gesù Cristo,
la sua vera carne e il suo vero sangue,
che noi riceviamo in vista nella remissione dei nostri peccati
e della speranza della salvezza eterna».
Le sue parole, in contrapposizione a quelle eretiche di Berengario di Tours e di Roscellino di Compiègne, confermano la sua “professione di fede” segnata dalla presenza eucaristica e dal mistero della transustanziazione nel vero corpo e sangue di Cristo.
L’itinerario del rolligero ha inizio da Santa Maria della torre in Calabria. Il fedele si appende al collo la pergamena con il “rotolo funebre” e, alla conclusione del suo lungo viaggio, non vi sarà più spazio sufficiente per contenere le tantissime testimonianze relative a Bruno. Ed è proprio l’ultimo “titolo” che si trova nella pergamena (proveniente dalla chiesa di Santa Maria di Tropea), a raccontare la portata del faticoso viaggio per l’Europa con il “rotolo”:
Titoli, 178 – «Perciò la pelle del collo è logorata dal peso del rotolo e il collo del rolligero non può più portare il peso. In esso sono scritte insieme a tante cose, la dimora di Colui che tuona, il sole e la luna, il corso delle stelle e l’unica luce, il cielo, l’aria, la terra, il mare, l’inferno, lo zolfo e il fumo livido, turpe, maleodorante e pieno di putredine. Questa zona di Plutone è lontana dalla sorte di Bruno. Ampia era questa carta, ma ora sembra piccola e stretta: in essa sono scritti la sorte, il fato, l’intero creato, e il tempo di dare onore al creatore che senza tempo, di tale vita in questa vita è stato questo eremita. E se anche sapessi dire quant’egli è stato pieno di fede e mite, semplice e senza rivalità di contesa, non avrei dove poterlo scrivere. Perciò questa pelle è stata scritta di dentro e di fuori».
La pergamena funebre ha attraversato l’Italia, la Francia, il Belgio e l’Inghilterra, riportando testimonianze eterogenee dai luoghi teatro della vita di Bruno e, soprattutto, da quei luoghi in cui la sua fama e il suo carisma spirituale erano giunti. Si compone di 178 Titoli, che consistono in testimonianze e ricordi (talvolta anche generici) come una sorta di “ritratto” dei suoi contemporanei. L’aspetto straordinario è che ciò coincide in buona parte con le Lettere scritte da Bruno stesso, che descrivono la sua esperienza della solitudine e del silenzio dell’eremo. Un riflesso veritiero, insomma, che ci appare proprio grazie a queste importantissime testimonianze:
Titoli, 52 – «Egli, che in molti modi risplendeva di valore nella nostra città, diventò per i suoi una consolazione e un onore. E se la fortuna lo favorì in ogni cosa anche noi lo preferiremmo – e giustamente! – a chiunque: egli, infatti, era benevolo, esperto in ogni arte, eloquente nella parola e potente nelle ricchezze; ma tutto pospose a Cristo. Seguì Cristo nudo e, insieme a molti altri, lo accolse l’eremo».
Titoli, 32 – «Egli era fiore dei padri, consolazione e gloria dei fratelli, cercatore del vero, amante della legge divina. Era sentiero di giustizia, fonte e origine della sapienza […], bastone di quelli che cadono, dolce sollievo dei miseri. Il suo animo non veniva meno nelle avversità, nè si inorgogliva nelle prosperità».
Titoli, 166 – «La Gallia si rattrista, il popolo calabro effonde lacrime. La prima gemme per il maestro buono, la seconda piange il patrono. La prima lo loda per gli insegnamenti della vita presente e la sua eccelsa sapienza è celebrata in ogni luogo. Più di quella di Marone viene lodata la lingua di Bruno e davanti alla lode di Bruno la gloria di Platone svilisce. Egli eccelleva sui dottori; formava lui stesso dei grandissimi dottori, non insegnando ai minori. Egli fu dottore dei dottori, non di giovani chierici. Nessuno, infatti se non uomini di grande ragione, ha potuto assumere la purezza delle parole e l’austerità dei costumi di Bruno. L’equilibrio di quest’uomo prudente superava ogni ingegno della mente, tanto che in questi insegnamenti egli eccelse quale grande dottore. Ad essi, poi, egli volle anteporre una scuola più perfetta: insegnando le cose divine egli annunciava l’eccelsa sapienza, dopo aver demolito la prima e averla ritenuta inconsistente. […] Passò dalla città di Roma, si diresse in Calabria. Qui divento abate e, infine, raggiunse il cielo».
Titoli, 173 – «E infatti Bruno ebbe e conservò la vera sapienza e la prudenza delle arti liberali, come anche tutte le altre virtù cardinali e le portò a buon fine. Infatti, già grandissimo didascalo della chiesa della sede di Reims – poiché di grandissimo splendore nel Salterio e in tutte le altre scienze -, egli fu, inoltre, a lungo colonna dell’intera città. Ma, poiché valutò tutte queste cose come transitorie, dopo una vita eremitica assai ardua e del tutto straordinaria, raggiunse un eremo aldilà del mare e di lì, chiamato dal Signore, si incamminò lieto verso i banchetti del sommo Re».
Titoli, 31 – «Bruno fu per la chiesa un muro che non sarebbe crollato: egli, infatti, fu buono, uomo di animo fervente e di speranza».
Titoli, 112 – «Finché visse in questa vita, questo felice eremita, detto Bruno buono, in ogni cosa nostro patrono, nella città in cui visse fu immagine vivente della vera giustizia, dottrina, […]».
Titoli, 66 – «[…] ornamento del clero e ornamento e sapienza del mondo, mentre fu sulla terra fiorì per l’intelligenza della sua mente e mentre fu tra noi fiorì anche per i suoi insegnamenti».
Titoli, 67 – «O bruno, che la Francia accolse con gioia come maestro».
Titoli, 74 – «[…] uomo di egregia rettitudine, gemma della sapienza».
Titoli, 37 – «Se n’è andato da questa vita Bruno, grandissimo eremita, che tutti i sapienti e gli uomini dotti piangono. Egli visse da sapiente e da sapiente migrò al cielo».
Titoli, 16 – «La morte risparmia allo stesso modo l’uomo sapiente e lo stolto. Bruno è stato sapiente e tuttavia rapidamente si è imbattuto nella morte».
Titoli, 156 – «Bruno, maestro di molti grammatici, annuncia tutti la morte del suo corpo. Il grammatico, il retore, il dialettico e l’astronomo, fuggirebbero la morte se essa potesse essere fuggita. Ma poiché la morte non può essere vinta da nessuna medicina ciascuno rifletta sulla propria morte».
Come si evince da questi titoli – esposti non in ordine corretto ma raggruppati per “tema” – la sapienza di Bruno e la sua profonda conoscenza del Salterio, vennero messe in opera negli anni del suo magistero remense. Inoltre, emergono la sua bonitas, il suo carattere sobrio e modesto ma anche l’equilibrio e la semplicità, tra le sue principali virtù. Tuttavia, ad un certo punto della sua vita, Bruno rinuncia alla sapienza del magister per abbracciare la vita monastica e dialogare “solo a solo” con l’Uno:
Titoli, 126 – «Per te, Bruno, intelligente maestro, ha perso valore questo mondo nel suo fiorire e nella sua sterile bellezza. Il fiore spuntò tra l’erba e prese vigore sotto il sole sereno quando la tua musa cantava e si dedicava allo studio, quando dava il latte a quelli di Reims, e poi li nutriva di pane. E tuttavia in seguito, rigettate le ricchezze abbandonati gli studi, racchiuso nell’oscurità, ti sei nutrito di un duro cibo. E poiché non hai seguito, o Bruno, nulla di ciò che è molteplice e muta, sei radicato nell’Uno. E così, o padre Bruno, afferri l’Uno afferrato dall’Uno».
Altro attributo che ricorre con frequenza nei Titoli, dalle testimonianze dei suoi contemporanei, è il legame tra Bruno e San Benedetto, stabilendo in qualche modo una filiazione religiosa del fondatore dei certosini da colui che introdusse il monachesimo in Occidente. Inoltre ricorre la componente della povertà evangelica e del farsi, come Cristo, povero tra i poveri:
Titoli, 8 – «Il collegio della Chiusa, […] rattristandosi di essere stato privato della consolazione di un così grande uomo, pregherà ogni giorno con suppliche il Signore per Bruno, compagno di vita monastica, maestro altissimo di grande fede e durante la vita di voto nelle preghiere al santissimo uomo e padre nostro Benedetto, facendo dire ai fratelli le messe e il Salterio e adempiendo così il tempo a lui dovuto dei trenta giorni».
Titoli, 38 – «Egli, scegliendo di tenere in poco conto il mondo e rinunciando a ogni cosa, mutò vita e macerò il corpo con la fame».
Titoli, 47 – «Disdegnò le grandi ricchezze e non ebbe per sé proprietà, ma tutto ciò che poté lo consegnò ai suoi fratelli. Fuggì da questa vita, divenne monaco e poi eremita».
Titoli, 65 – «[…] abbandona le ricchezze e gli ornamenti del mondo, affinché la gloria non si trasformi in pena mortale, ma un ruscello di nettare che scorre addolcisca i moti dell’animo […]».
Titoli, 110 – «Nei nostri tempi, mentre si avvicina la fine del mondo, è esistito sulla terra quest’uomo vicino a Dio. Egli, infatti, era ricco, viveva la propria vita con sapienza, ma disprezzò ogni cosa e si fece povero de eremita per il Signore, che solo regna nell’alto».
Titoli, 55 – «[…] Abbandonò ogni cosa e aderì, povero, a Cristo. Preferì vivere povero in Cristo che ricco nel mondo osservando così in pienezza i comandamenti di Dio […]».
Sulla scia dei modelli vetero e neo-testamentari, come Elia e Giovanni Battista Bruno è “amico dell’eremo” e si distacca dai beni secolari con il rifiuto delle ricchezze. Il tema della povertà, nel rotolo funebre, si lega al motivo più generale del disprezzo del mondo, la contemptus mundi, e la necessaria separazione che la vita contemplativa richiede per poter correre incontro all’Uno. Attraverso la fuga dal mondo il proprio progetto di vita è orientato solo verso il divino:
Titoli, 64 – «Gli eremiti contemplino il corso della vita di Bruno: egli, mentre osservava il mondo che era nel suo pieno vigore e che ingannava quanti erano suoi ma senza contaminarsi con il peccato del mondo, e mentre diminuiva di valore di fronte a se stesso e non conosceva le ripugnanti gioie [mondane], aderendo a Cristo si separò da questo mondo».
Titoli, 109 – «Quanti cercano il guadagno vengono precipitati in una morte improvvisa; le loro carni vanno nel sepolcro e le loro anime all’inferno. Bruno, d’un tratto, considerando ben attentamente queste cose, lui che era onore dei maestri, esempio di costumi, guida della moltitudine di Reims, grande nella città, disprezzò il mondo, piegò il suo sentiero verso le cose celesti e rivestito di panni vili, seguì te, o Cristo».
Titoli, 137 – «Bruno ha lasciato con la morte ciò che ha disprezzato. Egli, infatti, fuggì il mondo e disse vili le cose mondane. È stato servo di Cristo, e perciò ha penetrato i cieli».
Titoli, 138 – «Allontaniamoci da essa andando in cerca piuttosto di quella fortuna. Tu Bruno, ci hai preceduti, sei stato regola (vivente) e hai portato a compimento ciò che con prudenza hai insegnato. In questo fragile mondo sei fiorito, ma di un fiore caduco; hai disdegnato questo fragile mondo e il suo caduco fiore, nel desiderio che alla vita contemplativa seguisse poi quella che ora [preghiamo] ti conduca a Colui che regna per i secoli tutti».
Titoli, 145 – «Bruno ha ricevuto l’Uno, lui che ha abbandonato molte cose. E quest’Uno è, tuttavia, la sola realtà che eccelle su tutte le altre. E poiché quaggiù è utile imparare quale grande guadagno esso sia, parlerò molto brevemente e con poche parole insegnerò apertamente: egli ha ricevuto Cristo, dolce consolazione di ogni fatica».
In contrapposizione alle correnti radicali coeve che attraversano l’Europa, Bruno conduce un grande progetto di fede, sottolineata da diversi titoli:
Titoli, 136 – «La fama ci ha riferito, prima della vostra lettera, non la sua morte, ma la bontà di quest’uomo. Bruno fu gemma e colonna della casa del signore, vero amante e custode della fede apostolica. La sua autentica fede, edificata insieme alle virtù, ha edificato per lui dimore celesti. La gloria, le ricchezze, la sua stessa persona, la sua scienza, ebbero in lui un grande splendore, ma egli le calpestò con il suo piede».
Titoli, 45 – «Io, fratello Lamberto…, Che fin dall’inizio della mia vita di conversione da questo mondo sono stato discepolo di tale Bruno – esimio maestro della scienza delle lettere – nell’insegnamento della dottrina cattolica e della vera fede, io e i figli e fratelli a me affidati non ci stancheremo di provvedere che sia fatta memoria di questo nostro padre, grande uomo di fede, che ci ha formati, negli uffici di sette e di trenta giorni e nel giorno anniversario della sua morte con cantici spirituali […]».
Titoli, 120 – «Eri solito essere un esempio per i miseri mortali, perché adorassero Cristo, che sempre tu, Bruno, adoravi e per il quale hai disprezzato le ricchezze del mondo intero, affinché il Creatore del mondo intero ti donasse quelle eterne. Perciò la vera fede, che sempre hai venerato, ti attiri a quel riposo di Cristo, che sempre tu, Bruno, hai domandato».
Per rendere il senso del magistero bruniano vi sono, poi, titoli che ricorrono a paragoni di somma sapienza precristiana, come il seguente:
Titoli, 168 – «Bruno fu fonte di dottrina, norma della vera fede, si spinse oltre le profondità di Aristotele e di Socrate, superando Platone per il dono di una sacra unzione. Visse come uomo, oppresso dal peso della carne più degli altri uomini, e, tuttavia, in vita egli trattenne la carne, tendendo alle cose celesti e disprezzando, a causa del regno celeste, il mondo perituro. Viva felice Bruno nei cieli con le stirpi dell’alto, e contempli quel Re la cui legge osservò nelle sue azioni!».
Certo la morte di Bruno dovette essere molto dolorosa e provocare smarrimento soprattutto per i monaci calabresi – che condivisero con lui gli ultimi dieci anni di esistenza – e quelli della prima Certosa in Francia; i quali, nel loro Titolo, dichiarano:
Titoli, 12 – «Anche noi, fratelli della Certosa, miseramente privati di consolazione più di tutti gli altri, non possiamo stabilire che cosa faremo per la sua anima amata e santa. I meriti dei suoi benefici nei nostri confronti, infatti, vincono qualunque cosa noi possiamo e siamo in grado di fare. E così preghiamo senza fine per lui come per il nostro unico padre e signore; e ogni consuetudine che è in vigore presso di noi quanto a messe o ad altre pratiche spirituali per i defunti, la celebreremo in ogni tempo, quali figli per la sua anima».
Tuttavia la morte è l’autentica nascita. Questi sono alcuni titoli in merito:
Titoli, 17 – «Non bisogna piangere né affliggersi per la morte del padre. Non è morto Bruno, che ha scelto come sua porzione l’unico [necessario]. Dio lo ha sottratto [al mondo] e una santa moltitudine lo ha accolto come compagno».
Titoli, 19 – «Per te, venerabile Bruno, che [militando] sotto un unico Re hai sempre osservato la legge sacra e mai l’hai violata, è giunta ormai la fine della vita e si rattristano perciò gli eremiti. Dopo l’inevitabile sorte ti sono date le gioie della vita. Per questo non prorompano per te in gemiti gli eremiti. Finché sei venuto nel mondo infatti ti sei spinto in luoghi deserti e ora, che hai raggiunto i cieli ti rallegri nella schiera di Cristo».
Titoli, 24 – «Egli è morto al mondo e ottiene la sede del paradiso. Ha dominato la carne, e ora si affretta verso la cima del cielo. Migrando da questo mondo si unisce a Cristo».
Se i Titoli funebri sono di grande utilità per ricostruire la fama di San Bruno ai suoi tempi, non da meno è l’epitaffio latino che ricorda la sua vita esemplare:
«Primo in quest’eremo, io che sono coperto da questa lapide
meritai di diventare il fondatore di un ovile di Cristo.
Il mio nome è Bruno, mia madre fu la Germania.
E la piacevole quiete del bosco mi trasferì presso i calabri.
Ero maestro, araldo di Cristo, uomo noto nel mondo.
E ciò era grazia dall’alto, non merito.
Il sesto giorno di ottobre [mi] sciolse i voti della carne.
Le ossa restano nella tomba, lo spirito raggiunge i cieli».
Così come un altro testo coevo, collegato all’Epistola Encyclica con la quale i confratelli calabresi di Santa Maria della torre annunciarono la morte di Bruno, presenta la figura del Santo in modo sintetico ma evidenziandone le caratteristiche morali fondamentali:
«Bruno fu lodato per molte cose e soprattutto per una.
Fu un uomo equilibrato in vita, un uomo speciale in questo.
Era sempre festoso in volto, modesto nel parlare.
Con la severità del padre mostrò l’affetto di una madre.
Nessuno lo sentì grande, ma mite come un agnello.
In tutto in questa vita fu un vero israelita.
O Dio, liberano dalle pene e donagli il paradiso».
Tratto da: https://decartusia.com/2023/01/10/san-bruno/