Vincenzo Pace, presbitero!

Il 25 giugno 2023, nella celebrazione eucaristica della XII domenica del tempo ordinario, la nostra Parrocchia di San Bruno ha accolto con profondissima gioia d. Vincenzo Pace, figlio di questa comunità e ordinato presbitero in cattedrale il 24 giugno. Pubblichiamo l’omelia di mons. Angelo Casile, nostro parroco, e il ringraziamento di d. Vincenzo Pace, novello presbitero, che ha presieduto per la prima volta l’Eucaristia.

Omelia di d. Angelo Casile

Con immensa gioia abbiamo accolto il caro d. Enzo. Porgo un grande e affettuoso saluto a lui, ai suoi genitori, ai suoi cari familiari, alla comunità del Seminario, guidata da d. Nino Pangallo assieme a tutti i confratelli dell’equipe educativa, ai seminaristi, ai confratelli presbiteri, tra cui d. Danilo Nucera, che ha accolto d. Enzo a Saline in questi mesi. La comunità di San Bruno, caro d. Enzo, ti accoglie come suo figlio nel nome del Signore e insieme a te loda il Signore per il dono del presbiterato.
San Paolo ci ha ricordato che c’è un dono di grazia da custodire, questo dono di grazia è il Vangelo, dono dell’amore di Dio per tutti noi, e in questo dono oggi ci sei tu, caro d. Enzo, che hai ricevuto il presbiterato assieme agli altri quattro confratelli: d. Emanuele Benedetto, d. Saverio Caccamo, d. Candiloro Simone Costarella e d. Alessandro Cama, che salutiamo con affetto.
Anche la colletta, caro d. Enzo, ci ha messo davanti all’«ineffabile grazia» del Signore che ti ha «posto alla guida della sua famiglia non per i tuoi meriti», ogni presbitero, in greco l’anziano, è posto dal Signore alla guida della comunità, alla porzione di popolo di Dio che gli è affidata dal vescovo.
Nella preghiera sulle offerte invocheremo per il «pastore la docilità dei fedeli» e per i «fedeli la sollecitudine del pastore» in una armoniosa unità di cuore che ci pone sotto lo sguardo amorevole del Signore e in una continua vicendevole sollecitudine verso il prossimo come ci insegna il Vangelo. Tutto questo è affidato alle nostre povere persone, il Signore affida alla nostra debolezza l’annuncio profetico della tua parola e tuttavia siamo consacrati dall’amore di Dio, chiamati ad essere anzitutto profeti, come Geremia, che, come ascoltato nella prima lettura (20,10-13), sentiva la persecuzione attorno a sé, ma soprattutto la presenza del Signore: «il Signore è al mio fianco!».
Pensando a te, caro d. Enzo, pensando alle parole da consegnarti oggi, mi sembra bello affidarti alcuni pensieri e offrirti l’esempio di alcuni santi, che ritengo hanno caratterizzato la tua vita:
– Rimani sempre discepolo del Signore, come ha ribadito ieri l’arcivescovo Fortunato: «essere discepoli di Gesù, significa seguirlo sulla via della croce, ogni giorno», in una fedeltà quotidiana che dona consistenza d’amore anche alla sofferenza, «dona un’anima allo scheletro della croce», come abbiamo ascoltato nel corso degli esercizi spirituali tenuti da S.E. Mons. Erio Castellucci.
– Contempla la grazia ineffabile di veder compiersi tra le tue mani la parola del Signore: «Prendete, questo è il mio corpo» (Mc 14,22). La nostra voce, le nostre mani, i nostri gesti diventano la parola e i gesti del Signore Gesù che si rende presente nell’Eucaristia.
– Ammira san Giovanni Battista, poiché sei stato generato nel presbiterato il giorno solenne della sua natività, e con il suo aiuto essere un profeta che mostra Gesù al mondo, ricordando l’esultanza di san Giovanni nel grembo di Elisabetta (Lc 1,41) e il suo indicare Gesù ai discepoli: «Ecco l’Agnello di Dio!» (Gv 1,36). Parole che la Chiesa fa proprie nel riconoscere Gesù presente nell’Eucaristia, che il Signore nella sua immensa grazia ci dona di celebrare.
– Affidati a san Bruno, il santo del silenzio e della preghiera, che come il profeta Geremia, ha vissuto la persecuzione, l’incomprensione e ha scelto il Signore, rimanendo solo con il Solo, cercandolo e trovandolo nel silenzio della preghiera fuggendo gli onori del mondo e portando continuamente l’umanità al cospetto di Dio.
– Imita san Francesco d’Assisi, sposo di madonna povertà, discepolo del Signore che ha vissuto il Vangelo in semplicità di vita, senza alcuna interpretazione al ribasso, senza elucubrazioni che lo snaturano, che ha spogliato se stesso per abbracciare il Padre, fuggendo dal proprio egoismo per rivestirsi dell’amore di Dio che va ben oltre le nostre attese.
– Sentiti custodito da san Vincenzo Ferrer, il santo di cui porti il nome, il santo dell’ortodossia, della retta fede, perseguitato per la sua ortodossia e impegnato nel tentativo di ricomporre e difendere l’unità della chiesa.
– Vivi l’esempio di san Giuseppe Moscati, ti aiuti nel servizio agli ammalati il medico santo, che è stato sempre pronto a curare il corpo senza dimenticare l’anima, a soccorrere l’ammalato e il povero, a rinvigorire la fede e a ridonare la speranza del cielo a chi ha poca speranza umana.
– Confida nell’intercessione della Beata Vergine Maria, venerata Madre della Consolazione, ti aiuti ad essere padre di consolazione, capace di portare la consolazione di Dio, di asciugare le lacrime che rigano i volti e i cuori delle persone che incontri.
Infine, come gesto di grande affetto da parte di questa comunità parrocchiale, vogliamo donarti un piccolo segno per ricordarti il nostro grande affetto: una copia preziosa del Messale Romano. Come ti abbiamo accompagnato quotidianamente nella preghiera e nella vicinanza premurosa, così tu possa ricordarti della parrocchia di san Bruno pregando nella liturgia attraverso il Messale. Il dono ti viene consegnato da Carlo e Antonietta Tauro, genitori di d. Davide, perché vogliamo esprimere la nostra riconoscenza ai nostri genitori, che ci hanno donato la vita, la fede e ci accompagnano nella vita presbiterale. Grazie, caro d. Enzo, accogli questo dono. Grazie di cuore.

Ringraziamento di d. Vincenzo Pace

Adesso volevo condividere con voi un pensiero, parlare di ringraziamento in questo momento è qualcosa di particolare, perché le emozioni che ho provato ieri in cattedrale le potevo immaginare in questi anni di seminario, ma non come le ho vissute in pienezza e non si possono descrivere con le parole e quindi vi dovete accontentare della testimonianza di colui che davvero ha incontrato il Risorto.
1. Il primo ringraziamento va alla famiglia e a tutti i parenti, per famiglia intendo quella di origine: mamma, papà, Nino, Federica, Giusy, Emanuele. Famiglia che negli anni non solo mi ha sostenuto, ma mi ha permesso di crescere come uomo realizzandomi nel lavoro, riuscendo addirittura a comprare una casa e non è scontato che tra parenti si condividano le cose belle, spesso ci dimentichiamo del bene che deve trionfare sul male. Grazie a tutta la mia famiglia, ai miei parenti a tutte quelle persone che sono diventate mia famiglia, penso alla mia cara amica Tina e a tutta la sua famiglia, il Signore sa come sono stato accolto in quella casa, così come nella casa di tanti. Il mio primo grazie, in un momento così particolare di fragilità che investe la famiglia come istituzione, è anche assicurazione di preghiera affinché il male non pervade le nostre famiglie.
2. Il mio secondo grazie è legato al primo, esiste anche una famiglia che ti genera nella fede. Il seminario in questi anni è stata la culla dove ho potuto con calma e serenità cercare di capire se il desiderio di divenire presbitero corrispondesse davvero al progetto di Dio su di me. La Chiesa ieri ci ha confermato che questa vocazione è vera a partire dal momento in cui Dio l’ha scritta nel mio piccolo cuore. Ringrazio tutte le equipe formative che in questi anni mi hanno guidato, la prima equipe con d. Sasà Santoro e quella attuale con d. Nino Pangallo. Equipe sì, ma soprattutto confratelli, anche qui è difficile cercare di spiegare che tipo di legame si crea negli anni di formazione. Non basta volersi bene, non basta rispettarsi, c’è qualcosa che ti lega in profondità con i confratelli con cui hai vissuto gli anni di formazione e questo è fonte di gioia.
3. Ringrazio tutti gli amici, i conoscenti, le persone che vengono da lontano e hanno deciso di condividere con me questa gioia. Penso a Verona, città a me cara, a quelle persone che ho conosciuto in quella che oggi è diventata la casa di mia sorella. E poi ci sono tutti gli amici e quelle persone che mi hanno dato alimento nell’affettività. Ognuno di noi cerca affetto e amore, occorre imparare a riconoscere l’amore vero e poi rendere grazie per tutti quelli che ti sostengono, per quelli che ti aiutano a crescere. Non mi arrischio a ricordare i vostri nomi, perché temo di dimenticare qualcuno e quindi prego per tutti voi che siete presenti nel mio cuore.
4. Se parliamo di famiglia, non possiamo non ringraziare la parrocchia. Il mio rapporto con la parrocchia è particolare: Gesù mi ha messo in cammino sin da subito. Ringrazio la parrocchia di san Francesco d’Assisi che mi ha accolto e mi ha permesso di riscoprire la mia fede, il sì che avevo pronunciato timidamente, ha preso forma attraverso il servizio alla mensa e mi ha fatto crescere nella gioia. Sui tanti nomi che potrei ricordare, emergono quelli di san Francesco e santa Chiara, a me particolarmente cari. Tutta le persone che mi sono state vicine nella parrocchia di san Francesco sono nel mio cuore ed è una gioia vederli presenti a pregare e festeggiare con me. Grazie alla parrocchia di san Bruno, al mio parroco don Angelo. Lo conoscete bene, una persona molto discreta, disponibile per ogni cosa, non c’è stata richiesta che non sia sta accolta da lui. Ho sentito la vostra preghiera nella fase finale della mia formazione in cui mi sono abbandonato tutto in questa comunità, che è tra l’altro la comunità delle mie origini, dei miei genitori, per me quindi è stato un ritorno.
5. Il mio grazie va ai servizi caritativi, alla mensa della Caritas di san Francesco. Un nome voglio farlo: Tina, mi ha accolto, mi ha fatto crescere nel servizio. Nella mensa ho sperimentato l’amore del Signore, il suo cuore che si apre e si offre al cuore di tutti i bisognosi. Non abbiamo solo consegnato pasti, abbiamo ricevuto tanto in umanità e riconoscenza per quel poco che bastava per tutti, non mancava mai.
6. Un ringraziamento particolare ai miei confratelli: Alessandro, Emanuele, Lori, Saverio e Matteo, che è stato ordinato l’anno scorso. Dio e noi conosciamo i grandi doni che abbiamo ricevuto, e credetemi, dal primo giorno che ci siamo incontrati in seminario ero convinto che saremmo diventati presbiteri insieme e così è stato. Anche con voi non occorre sprecare parole, sapete il mio amore per voi e chiedo al Signore di darci la forza per continuare a volerci bene come lo stiamo già facendo.
7. Un grazie alle persone care e defunte, anche qui sono tanti i volti. Ho avuto il dono di vivere un servizio speciale di attenzione agli ammalati, ho incontrato tante persone che ho dovuto accompagnare alla morte, un servizio non facile, ma poi capisci che se il Signore ti chiede un servizio così grande, devi riconoscere i doni spirituali che lui ti fa. Oltre a ricordare i miei parenti defunti, i nonni, gli zii, le persone che mi hanno aiutato a crescere nella fede, voglio ricordare al Signore quelle persone che ho avuto la grazia di assistere riconoscendo in loro il Signore che muore e risorge per noi.
8. Vi parlavo di un servizio particolare, in un momento preciso della mia vita avevo fatto una piccola esperienza in una comunità e avevo capito che il Signore non mi chiamava a una vocazione di speciale consacrazione. Su invito di un’amica, mi ritrovai a prendere l’impegno a pregare in un’ora di adorazione nella cappella degli Ospedali Riuniti. Avevo dato per scontata la fine del discorso vocazionale, ma dopo un anno e mezzo mi sono ritrovato in sacrestia per dire a d. Stefano Iacopino piangendo: «Non ce la faccio più, voglio entrare in Seminario». E lui, che aveva già capito, mi ha accolto con un sorriso. Ecco, il cuore della mia vocazione nasce nella cappella dell’ospedale, e lì ritorno ogni volta che sento la necessità di ricaricarmi per ritrovare la mia serenità. Anche qui è difficile per me spiegare cosa significa fare servizio in ospedale per sette anni, però vi garantisco che è il luogo dove si fa esperienza di Gesù, se non riconosciamo Gesù nei malati, in coloro che li curano e assistono, non riusciremo a riconoscerlo nel nostro prossimo e addirittura in quello che noi chiamiamo nemico.
9. L’ultimo ringraziamento lo prendo dalla dedica apposta alla mia tesi: «A mio padre…». Dico grazie a mio papà, ma dico grazie a tutti quei “padri” che mi hanno aiutato a crescere soprattutto nella fede. Sono tante le persone in cui vedo la paternità, ma mi limito a citarne tre. Il primo è il mio caro confratello d. Domenico Debiasi, con lui ci siamo incontrati a metà del mio cammino formativo in seminario, e poi lo scorso anno in cui il Signore mi ha voluto fare dono su dono e vivere la mia esperienza pastorale nella parrocchia di Pellaro. Sono molto legato alla spiritualità di d. Domenico e al suo amare intensamente Gesù. Il mio secondo e d. Sasà Santoro, c’è stato un momento della mia vita in cui mi sono abbandonato alla volontà del Padre e d. Sasà è stato lo strumento con cui il Signore ha voluto farmi crescere nella fede. Quante lacrime ho versato con lui, quante volte mi ha fatto da “padre” e sapete bene che essere padre non significa accondiscendere ai capricci dei figli, significa educarli, amarli, farli realizzare. Il terzo è per una persona molto particolare che è d. Stefano Iacopino, che ho avuto la gioia di conoscere in ospedale. Una persona veramente bella, un uomo capace di vivere nel silenzio, nella preghiera, nel sorriso timido, nell’amore ed è stato capace di far crollare tutti i dubbi e le incertezze che avevo. Guardando a d. Stefano nella quotidianità non ho avuto più dubbi, ho detto: «Gesù, voglio diventare come lui». Colui che mi ha generato nella fede è d. Stefano, mio “padre” nella fede. quando alcuni giorni fa, ho saputo che ha subito un intervento agli occhi, sono andato a trovarlo in ospedale, nel suo appartamento, e sono stato pieno di gioia nell’incontrarlo. Pur sapendo che oggi, e ci tenevo tantissimo, non sarebbe potuto stare al mio fianco in questa celebrazione, sono sicuro che d. Stefano mi è stato accanto nella preghiera. Più tardi andrò a bussare ancora alla sua porta per dirgli: «Grazie, padre Stefano!».
10. Scusatemi per quanti ho dimenticato. Ringrazio il Coro della Divina Misericordia che oggi ci ha fatto pregare, il canto per me durante la Messa è una cosa veramente particolare e vi ringrazio perché so che avete provato tanto. Vi chiedo infine di continuare a pregare per noi cinque novelli presbiteri, per tutti i presbiteri. Inizialmente la mia prima preghiera al Signore era per gli ammalati, ma poi ho capito che dovevo pregare per i presbiteri perché potessero portare il sorriso del Signore agli ammalati, a tutte le persone. Grazie di cuore a ciascuno perché ci siete stati, ci siete e ci sarete. Il Signore vi benedica, benedica me e questo ministero che voglio svolgere nell’umiltà più profonda e nella responsabilità di chi ha tra le mani un dono infinitamente grande. Grazie di cuore!