Incontro con Dom Basilio Trivellato, Priore della Certosa
7 novembre 2015
«Vi ringrazio per il dono della vostra presenza qui in Certosa. San Bruno è un grande santo, ma poco conosciuto. La Chiesa lo sta conoscendo sempre più attraverso di voi, suoi devoti figli, che ne diffondete e custodite la memoria. Anch’io, che vengo dal Nord Italia, sono rimasto positivamente colpito dalla grande devozione che vive attorno a san Bruno in questi luoghi.
Attualmente nell’Ordine Certosino siamo 17 case maschili e 5 femminili, in passato, pensate, in totale erano 268 case! Saremo sempre un piccolo gruppo, poiché è una vocazione particolare, ricca di penitenza, ma il problema vero sta nei giovani, che entrano in Certosa da laureati e devono man mano acquisire la consapevolezza che il loro titolo di studio qui è niente. Il mio vicario era un grande avvocato, che ha partecipato a grandi processi, ora è li a pulire il corridoio. Quando si entra in Certosa occorre accettare di morire a noi stessi. Chi entra qui, entra solo per il Signore per continuare a cercarlo. Una vocazione non si inventa, è Lui che chiama.
C’è qualcuno che arriva tutto entusiasta il primo giorno, e io penso: Questo ha più vocazione di me! Poi, il giorno dopo, intorno alle dieci del mattino, viene e dice che la nostra è una bella vocazione, con tanta preghiera, ma non si sente di continuare. Nessuna meraviglia. Qualcuno arriva e dice che il mondo fuori è cattivo e che non vede l’ora di lasciarlo completamente. E io dico: Ascolta un po’ forse è il caso che ritorni nel mondo per cercare di migliorarlo, questo non è il tuo posto, qui si viene solo per il Signore, non per lasciare il mondo.
Occorre tenere saldi due pilastri: Siamo degli eremiti e siamo cenobiti. Eremiti perché viviamo da soli nelle nostre celle, cenobiti perché abbiamo tre momenti quotidiani di preghiera in comune. Se vogliamo andare in Paradiso anche noi, dobbiamo vivere la carità vicendevole che è la cosa più difficile di tutto. Il Signore ci ha detto nel suo testamento che da questo, dall’amore, vi riconosceranno che siete miei discepoli (cfr Gv 13,34-35). Se siamo incapaci di amarci e perdonarci come possiamo parlare di vocazione cristiana? Ecco perché abbiamo tre momenti comuni di preghiera: Al mattino, mettiamo al centro la preghiera della S. Messa; alla sera il Vespro e alla notte, l’Ufficio, che inizia intorno alle 12.30 e si protrae per due-tre ore, a Natale e Pasqua dura cinque ore.
Qualcuno pensa che i certosini stanno sempre dentro la Certosa, vivono una grande penitenza e una grande clausura e quindi non escono mai, e invece una volta alla settimana usciamo e possiamo parlare con le persone che incontriamo. Anche questo nostro incontro è del tutto eccezionale è la prima e l’ultima volta che incontro una parrocchia, ma non potevo non incontrare il parroco e i fedeli della prima comunità parrocchiale al mondo dedicata a san Bruno! Pensate che i miei confratelli da domenica a domenica stanno in cella senza parlare con alcuno e se vogliono parlare devono chiedere il permesso al priore. Due volte all’anno, riceviamo la visita dei nostri parenti. Ecco perché si riscontrano tante difficoltà a diventare certosino, la nostra natura umana, il nostro “somarello” c’è lo portiamo dietro. Capite perché abbiamo bisogno di uscire per ritemprarci nella natura e trovare un certo equilibrio nel parlare tra di noi ed esercitare la carità tra di noi.
San Bruno era una persona saggia ed equilibrata e ha pensato di scegliere il meglio della vita eremitica e cenobitica per garantire una sana e armoniosa esperienza cristiana. Nel caso in cui un fratello è ammalato ci si aiuta a vicenda, si è assistiti dal personale sanitario o, nei casi più gravi, si va in clinica. Non mangiamo mai carne, ma ovviamente nella malattia ci è lecito mangiarla.
Io sono qui da un anno, ero già stato per due anni nel 1999-2000, per aiutare p. Jacques Dupont a svolgere il ruolo di procuratore generale e di priore, poi i confratelli mi hanno votato e sono ritornato qui a Serra San Bruno come priore lasciando la Certosa di Forneta in Toscana. Il Signore mi ha aiutato e mi aiuta, nonostante l’età, ad essere priore di questa comunità. Prima, ero sacerdote diocesano, parroco, e studiavo e leggevo santa Teresa d’Avila, Thomas Merton e così ho iniziato a pensare alla vita contemplativa e poiché la parrocchia confinava con la Certosa di Vedana in Belluno ho iniziato a frequentarla per la Confessione settimanale e lì ho maturato il mio sì al Signore dieci giorni prima del compimento dei 45 anni, oltre i quali non è permesso entrare in Certosa. Ovviamente non mi sono mai pentito di essere stato sacerdote e poi parroco è stato tutto un crescendo nel Signore.
La vostra parrocchia ha il grande compito di vivere sotto la custodia di san Bruno, anche voi, come noi certosini, dovete pregare il Signore. Siamo qui a pregare il Signore per tutti gli uomini che vogliono vivere lo spirito di san Bruno, siamo qui per parlare al Signore di ogni persona perché sia guidata e sostenuta, parlarLe delle nostre famiglie che sono attaccate dal Diavolo, ma noi siamo forti della fede dei nostri Santi. San Bruno, diceva Natuzza, è un grande Santo! A san Bruno non mancava niente, era professore stimato, gli avevano proposto di diventare vescovo, e invece lascia tutto per concentrarsi e pregare con il Signore e fonda così la Grande Certosa in un luogo montano quasi inaccessibile, dove sperimentare il dolore per la morte dei primi certosini a causa di una valanga. E quando, dopo sei anni, tutto sembrava in pace, il papa Urbano II, discepolo di san Bruno, lo chiama in obbedienza a Roma, da dove poi si sposterà in Calabria, prima in località La Torre e poi a Santa Maria dove costruirà la Certosa, attorno alla quale poi fiorirà l’attuale cittadina che ancora oggi respira della spiritualità di san Bruno.
San Bruno vive nell’obbedienza e nella pace certo di seguire la volontà di Dio, è questo anche l’insegnamento che san Giovanni XXIII ha lasciato in eredità a ciascuno di noi e alla Chiesa. Per diventare oggi certosini occorre discernere e vagliare la vocazione alla luce degli Statuti certosini nella consapevolezza che essa è opera dello Spirito Santo, che ha voluto che nella Chiesa ci fosse anche questa testimonianza, questo carisma, secondo il quale alcuni tra i tanti a nome di tutti gli altri si mettessero davanti a Dio nella preghiera.
Il percorso per diventare certosino prevede un primo periodo, da tre mesi a un anno, di postulandato, poi si procede al noviziato, uno-due anni, che iniziano con la vestizione, con l’indossare una veste bianca e un mantello nero, che ricorda il cammino da fare per diventare certosino, farlo diventare bianco attraverso la purificazione del cuore. Dopo, si svolge la prima professione, per un periodo di tre anni, con la quale non si appartiene più al mondo e si lasciano tutti i beni. Si rinnova poi la professione per altri due anni, alla fine dei quali con la professione solenne si diventerà certosino. Tutto questo comporta un percorso che va dai sette ai dieci anni, a secondo il giudizio del priore sull’idoneità del candidato.
Non siamo tanti certosini, perché è una vocazione impegnativa, in tutto possiamo contare 370 tra monaci e monache. I monaci qui a Serra siamo dodici, e normalmente viviamo una certa stabilità nelle nostre certose.
Grazie, cari fratelli e sorelle, per questo incontro, che rimane un’eccezione.
Preghiamo insieme un’Ave Maria e poi riceviamo la benedizione del Signore. Ave Maria… San Bruno, prega per noi.
Per l’intercessione della Beata Vergine Maria, di tutti i Santi, di san Michele Arcangelo e di san Bruno, la benedizione di Dio Onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo discenda su di voi, sui vostri parenti e con voi tutti rimanga sempre. Amen.
Buon pellegrinaggio, buon proseguimento di giornata e ricordiamoci nella preghiera».