Sacra è la Cenere

Cenere«Solo quel che arde diviene cenere.
Sacra è la cenere.
Tu mi sfiorasti e io divenni cenere.
Il mio io, il mio essere divenne cenere,
consumato da te.
Così dice l’amante e il credente.
Tu mi sfiorasti. Io sono sacro.
Non io ma la mia cenere è sacra».

Ecco la Quaresima nei versi di Pär Lagerkvist. È il tempo che richiama i quarant’anni di Israele nel deserto e guida il credente a prendere conoscenza di sé: non introspezione psicologica ma comprensione della nostra cenere toccata dal fuoco dell’amore di Dio. Nell’attesa di risorgere con Lui. La Quaresima rimanda anche ai quaranta giorni di Cristo nel deserto, giorni di lotta contro il tentatore. Le tre tentazioni di Gesù nel deserto sono le tentazioni dell’uomo di sempre. Potere, avere e apparire: le tentazioni che si ripresentano in mille modi per farci perdere il centro e il senso dell’esistere. Ed è lottando contro questi idoli che il cristiano smette di fare il male e comincia a fare il bene! Non è facile, già il libro del Siracide scrive: «Uomo se vuoi servire il Signore preparati alla tentazione» (2,1).

Ricevere le ceneri significa prendere coscienza che il fuoco dell’amore di Dio brucia il nostro peccato. La Chiesa ci invita in Quaresima a digiunare, a fare l’elemosina e a pregare per curare il nostro mondo relazionale. Digiuno per conoscere i bisogni del mio corpo, ascoltarlo e purificarlo. Faccio elemosina per curare il rapporto con gli altri basato sulla fraternità e la condivisione. Prego per unirmi a Dio e ascoltarlo. La Quaresima è anche il tempo per pensare alla morte e chiederci: chi sei tu o morte? Sai morte dove ti vinciamo? Tenendoci la mano fra noi. L’amore ti vince e ti distrugge, i gesti del quotidiano amore ti umiliano, costruire pace e giustizia sconfiggono la tua strategia di distruzione.

In realtà tu fai morire chi vive facendo il male ed è malvagio. Quelli sono morti che camminano senza rendersi conto che li hai conquistati e già vinti: chi uccide, gli usurai che distruggono famiglie, quelli che si arricchiscono sugli altri, chi non vuole ridistribuire le ricchezze, chi non si commuove quando i suoi vicini stanno male. Ma quelli che amano ti hanno già sconfitto, contro loro non puoi nulla. È questa la forza della croce.

Ogni ricordo è presenza! Non muore nessuno nel cuore. Lo vediamo dovunque, nelle nostre famiglie come nella storia profonda del mondo: chi ha avuto il cuore più limpido ha indicato la strada, chi ha molto pianto ha permesso di vedere più lontano, chi è stato più misericordioso ha aiutato tutti a ricominciare. Ne era convinto anche Giobbe che provato dal dolore esclamava: «Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, e i miei occhi lo contempleranno non da straniero» (19,25-27).

Vivere la Quaresima nella sua profondità significa sentire nel cuore che la morte non può distruggere il corpo che vive sotto la carne. Quello appartiene a Dio.

Francesco Occhetta S.I., consulente ecclesiastico dell’Ucsi

Tratto dal sito: www.ucsi.it


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